Giovanni Verga

I Malavoglia di Verga

I Malavoglia di Verga narra la storia dei Malavoglia, una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese siciliano nei pressi di Catania. L’azione inizia nel 1863, quando l’Unità d’Italia si è appena realizzata, per concludersi nel 1878.

In realtà, i Toscano sono chiamati Malavoglia in senso antifrastico, perché la famiglia è molto operosa. Questo soprannome è dato seguendo la tradizione dell’ingiuria: particolare modo di appellare i capifamiglia e il nucleo famigliare tipica del Sud.

Il patriarca è Padron ‘Ntoni, vedovo, che vive presso la casa del Nespolo insieme al figlio Bastianazzo, il quale è sposato con Maruzza (la Longa). Bastiano ha cinque figli: ‘Ntoni, Luca, Filomena (detta Mena o Sant’Agata), Alessio (detto Alessi) e Rosalia (detta Lia).

Padron ‘Ntoni mantiene l’unità della famiglia e rappresenta la saggezza popolare grazie ai suoi proverbi e detti. «Gli uomini sono come le dita di una mano: il dito grosso fa da dito grosso e il dito piccolo fa da dito piccolo», dice spesso. Con questo detto, ricorda che la famiglia può vivere in modo relativamente felice, se ancorata alle tradizioni e al luogo di appartenenza.

Il principale mezzo di sostentamento dei Malavoglia è la Provvidenza, una piccola imbarcazione utilizzata per la pesca.

Nel 1863 ‘Ntoni, il maggiore dei figli, parte per la leva militare. È la prima volta che un membro della famiglia dei Malavoglia parte per la leva nell’esercito del Regno d’Italia, e sarà questo evento a segnare l’inizio della rovina della famiglia.

L’intera famiglia, molto unita, sente la mancanza del giovane ‘Ntoni, anche se nonostante tutto si fa forza. Ma un giorno arriva una lettera di ‘Ntoni in cui racconta che «le donne scopavano le strade con le gonnelle in seta, e che sul molo c’era il teatro Pulcinella, e vendevano le pizze a due centesimi, quelle che mangiavano i signori». Inizialmente, ‘Ntoni sembra felice della sua nuova vita, ma quando il tempo passa, comincia a perdere l’entusiasmo: «…si sfogava a lagnarsi della vitaccia di bordo, della disciplina, dei superiori, del riso lungo e delle scarpe strette».

‘Ntoni non aiuta più la famiglia economicamente, per questo Padron ‘Ntoni compra una partita di lupini (legumi) dall’usuraio Zio Crocifisso e tenta un affare. Allora, Bastianazzo, insieme al carico, parte verso Riposto, ma fa naufragio e muore. I lupini sono persi, la Provvidenza è da riparare e la famiglia è indebitata. Dopo il servizio militare, ‘Ntoni torna alla vita da pescatore. Luca muore nella Battaglia di Lissa (1866, vittoria dell’Austria sul Regno d’Italia) e Mena rompe il fidanzamento con Brasi Cipolla, figlio di Padron Fortunato Cipolla, ricco del paese e proprietario di vigne e terreni. Dunque, la famiglia è costretta a vendere la Casa del Nespolo per ripagare il proprio debito.

La Provvidenza fa nuovamente naufragio: Padron ‘Ntoni è distrutto, la nuora Maruzza muore di colera. Anche se ‘Ntoni abbandona il paese per cercare fortuna, torna più povero di prima. Inoltre, la famiglia è costretta a vendere la Provvidenza per riacquistare la Casa del Nespolo.

Nel mentre, ‘Ntoni viene mantenuto da Santuzza, la padrona dell’osteria, pretesa da Don Michele, un brigadiere; ma quando Santuzza richiama Don Michele all’osteria, lui e ‘Ntoni hanno una rissa. Durante la zuffa, Don Michele riceve una coltellata al petto.

Padron ‘Ntoni è vecchio e malato, non può più lavorare e viene ricoverato in ospedale. Lia, per colpa delle malelingue, lascia il paese e inizia a prostituirsi. Mena rinuncia a sposarsi con Alfio, il carrettiere, per il disonore della sorella e resta ad accudire i figli del fratello Alessi, sposato con Nunziata. Alessi, con la sua attività di pesca, ha riscattato la Casa del Nespolo e ci vive con la moglie. Fa visita a Padron ‘Ntoni in ospedale, ma l’anziano muore prima di poter rientrare alla sua casa tanto amata. Quando ‘Ntoni esce di prigione, allora torna a casa, ma si rende conto di non poterci più restare.

Giovanni Verga torna più e più volte su un tema preciso: quello dell’attaccamento alla famiglia, al focolare domestico, alla casa. Per il lettore appare facile comprendere i sentimenti di amarezza e dolore di chi è costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti di un affare sfortunato, come nel caso dei Malavoglia. Il bene della famiglia sembra il supremo valore: è questo il principale senso dell’ideale dell’ostrica. Per i Malavoglia la «roba» consiste nella Provvidenza e nella Casa del Nespolo. Quando entrambe si perdono, i membri della famiglia sentono di aver perduto le radici stesse della loro esistenza. Solo alla fine del romanzo, Alessi riesce a recuperare la casa e il legame con il passato.

Ne I Malavoglia di Verga assumono molta importanza alcuni luoghi: la casa, il focolare e il rifugio domestico, la piazza (sede d’incontro e di pettegolezzo), l’osteria (luogo di perdizione) e la farmacia di don Franco. Inoltre, sono significativi alcuni personaggi: Don Giammaria (il prete), don Franco (il farmacista), la Santuzza (proprietaria dell’osteria) e la Mangiacarrubbe (innamorata di ‘Ntoni).

Le attività sono scandite da alcune ricorrenze religiose o dall’alternarsi delle stagioni, tipici elementi della cultura contadina. Infatti, la mentalità che predomina è quella dei pescatori, degli umili. Non solo, lo Stato appare come un nemico, perché opprime il popolo con il suo servizio di leva, la sua falsa giustizia e le sue tasse eccessive.

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