Giovanni Pascoli

Il Fanciullino di Giovanni Pascoli

Il Fanciullino di Giovanni Pascoli è un saggio del 1903, che riassume la poetica dell’autore.

Per il poeta, ogni uomo ha dentro di sé un fanciullino, che continua a vivere anche quando diventiamo adulti. Sono pochi quelli che riescono a sentirne la voce anche da adulti. Il poeta continua a rimanere in contatto con questo fanciullo che modifica il suo sguardo e il suo modo di percepire il mondo. Il fanciullo tende ad osservare cose che l’adulto non nota e tende ad ignorare.

Pascoli sostiene che in ognuno di noi esiste un fanciullo e che tutti gli uomini l’hanno conosciuto da piccoli, ma crescendo se ne sono dimenticati. Anche se l’adulto e il poeta guardano la stessa cosa, la vedono in modo diverso: il fanciullo nota cose a cui gli adulti non badano neppure.

Inoltre, il fanciullino nota la  vita nelle cose di tutti i giorni (alberi, sassi, bambole) e dà nomi alle cose, ricreando e reinventando il mondo. Dato che il fanciullo ama le cose semplici, il poeta rispecchia il suo modo di essere tramite parole che non fanno parte della poetica tradizionale, ma avvia un’estensione degli argomenti e degli oggetti che di solito essa esclude.

Il fanciullino di Giovanni Pascoli predilige gli oggetti umili e modesti, scelta in linea con l’idea di poeta-fanciullo. Il fanciullo è ingenuo e spontaneo, non può quindi essere un retore, vate (profeta), oratore e non può esprimersi con eleganza retorica. 

Per quanto riguarda la realtà, la rappresentazione non è esaustiva: non vengono rappresentati tutti i dettagli di un luogo, ma solo singoli particolari. Lo sguardo del bimbo è vergine quindi non è interessato all’oggetto intero, ma coglie una soggezione che è legata a un singolo particolare che poi diventerà poesia, è per questo che si parla di poetica dell’impressione (la realtà non è rappresentata con realismo).

Il fanciullino è il nostro io più profondo e più vero, nascosto tra le pieghe del nostro cuore.

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