Le Laudi di D’Annunzio sono una raccolta di liriche, suddivisa originariamente in sette libri, pubblicata tra il 1903 e il 1912.
Nel 1899 D’Annunzio inizia la stesura dei primi tre libri, Maya, Elettra ed Alcyone, che pubblica nel 1903. Nel 1912 pubblica Asterope, mentre Merope è edito postumo.
I nomi dei libri sono tratti dalla mitologia greca: si tratta delle sette ninfe braccate da Orione, che Zeus trasforma in stelle (le Pleiadi).
Inoltre, il titolo della raccolta richiama il Cantico delle creature di Francesco D’Assisi. Da questo D’Annunzio muta i concetti di lode alla vita e di comunione con le forze della natura, volgendoli in chiave nietzschiana.
LE LAUDI DI D’ANNUNZIO
POETICA E TEMI DI ALCYONE
La stesura di Alcyone è compresa tra il giugno 1899 e il novembre 1903.
La raccolta contiene ottantotto componimenti distribuiti in cinque sezioni, tra cui due liriche introduttive e una di chiusura. Il tema è un’estate trascorsa dal poeta fra i colli fiesolani, le coste tirreniche e la Versilia.
Ogni sezione ha un tema-base ed è scandita da quattro ditirambi. Il ditirambo è nato nella lirica corale della Grecia classica ed è collegato alle feste di Dionisio, il dio dell’ebbrezza.
Vediamo ora i vari temi che attraversano Alcyone.
Il fallimento del sogno vitalistico e del mito
Alla reinvenzione soggettiva del mito si accompagnano l’illusione, il fallimento della ricerca di un proprio mondo interiore. Il malinconico passaggio all’autunno, con la sua suggestione di morte, rappresenta la perdita del sogno sovraumano.
L’esaltazione della figura del poeta
Il superuomo dannunziano assume le sembianze di poeta vate, capace di essere una guida per il paese, incantare gli altri, sedurre le donne e vivere una vita originalissima.
Il superuomo dannunziano trae dalla forza del bambino lo stupore, alimenta la propria creatività come un dilettante di emozioni incuriosito dal mondo e consacra all’arte la propria virtù.
C’è nel culto del pericolo e nel mito dell’ardito una sorta di rifacimento al superuomo di Nietzsche, ma anche questo è circondato da un alone di forma artistica e di auto-celebrazione.
Il panismo
Il termine ‘panismo‘ deriva dal dio Pan che, tornato sulla terra, invita gli uomini a immergersi nelle cose, a immedesimarsi in esse. L’ autore cerca una fusione dei sensi e dell’animo con le forze della vita, accogliendo in sé e rivivendo l’esistenza molteplice della natura. Il panismo dannunziano è quindi quel sentimento di unione con il tutto, che ritroviamo in tutte le poesie più belle di D’Annunzio.
Il mito
L’immersione dell’io nella natura avviene, dunque, in termini mitici. Le figure femminili sono trasfigurate, quasi ninfe dei boschi. Le immagini sfumate ed evocative poggiano su simboli poetici:
- la sera, con la sua divina bellezza, si delinea su uno sfondo pagano;
- la pioggia crea la dissoluzione dell’umano negli elementi vegetali;
- la natura rigogliosa e sensuale dell’estate esprime giovinezza, vigore e creatività, ma viene minacciata dall’avanzare dell’autunno, simbolo di decadenza e declino;
Infine, ne Le Laudi di D’Annunzio, la parola, scelta per il suo valore fonico ed evocativo, esprime i suoni e le corrispondenze misteriose della natura, nei confronti delle quali l’atteggiamento del poeta si fa di ascolto profondo, di una liquidità semantica volta a ricalcare lo sfuggente dialogo delle forme naturali, la loro segreta orchestrazione.