La lettera di addio di Virginia Woolf mi ha commossa sin da adolescente.
Ho conosciuto Virginia Woolf in terza media, in occasione del mio Esame. Non sapevo bene a quale tematica dedicarmi e non volevo scrivere la solita tesina sulle droghe, sull’alcol o sul fascismo. Allora, mi sono messa a cercare su Internet informazioni su delle scrittrici forti, ma problematiche, vivide di immaginazione, ma allo stesso tempo consumate nell’anima.
Così mi sono imbattuta in Virginia. Mi ha colpita, bersagliata e ammaliata: scrittrice nevrotica, depressa, piena di sbalzi umorali, ma allo stesso tempo fantasiosa, riflessiva, profonda e innamorata.
Virginia amava la vita e amava suo marito, ma a volte odiava se stessa e la sua condizione di donna vittoriana, repressa dalla società in cui viveva, spesso si interrogava sul ruolo della donna nella società e letteratura, non sempre trovando una risposta ai suoi dissidi interiori.
«Ma eccomi davanti alla porta della biblioteca. Non appena l’ebbi aperta, come un angelo custode che mi chiudeva il passaggio con uno svolazzare di tuniche nere invece di ali bianche, apparve un signore modesto, argentato, gentilissimo, il quale mentre mi scacciava rimpiangeva a voce bassa la deplorevole circostanza che le signore potessero visitare la biblioteca soltanto se accompagnate da un professore del collegio, oppure munite di una lettera di presentazione.»
(V. Woolf, Una stanza tutta per sé, 1929.)
Nonostante Virginia appartenesse ad una famiglia abbiente e fosse un membro del Bloomsbury Group, la sua sete di conoscenza ed il suo desiderio di autonomia, boicottati dall’epoca in cui si trovava, non le permettevano di trascorrere un’esistenza serena. Il suo cuore e la sua anima erano lacerati: è la morte, insieme all’acqua, uno dei temi molto presenti nella sua scrittura e in tutta la sua esistenza.
Da giovane Virginia perse le madre ed il suo rapporto con il padre si incrinò: questi eventi traumatici non le permisero di vivere in modo sereno, ma resero la sua scrittura più profonda e poetica. Vicino a lei, ebbe un marito che amò moltissimo e che la accudì, standole accanto come nessun altro.
A differenza di quanto insegnano le fiabe, l’amore non sempre è tutto: Virgie decise di porre fine alla sua vita il 28 marzo del 1941, annegandosi nel fiume Ouse. Ha lasciato, oltre ad una incredibile quantità di romanzi, una lettera struggente, indirizzata proprio al marito.
Lettera di addio di Virginia Woolf:
«Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi. V. »
Complimenti, il tuo articolo è scritto in modo delizioso. Purtroppo di Virginia Woolf ho letto solo “Gita al faro” e ricordo la presenza dell’elemento ossessivo dell’acqua. Mi hai fatto venire voglia di leggere “Una stanza tutta per sé”.
Un abbraccio,
Nicole
Sei tu deliziosa! :* Penso proprio che non ti deluderà!
Virginia Woolf…donna dalla personalità complessa e affascinante, soprattutto nel suo modo delicato e tumultuoso di andare incontro alla vita…e alla morte.
Un personaggio chiave nella sua vita è stata sicuramente Vita Sackeville-West, che forse ancor più di suo marito le ha permesso di entrare in contatto con alcune dimensioni profonde di sè.
Il testo che tu citi non dovrebbe mancare in nessuna libreria delle nostre case :), regala un’energia appassionata, per l’accuratezza con cui esplora e fa emergere la necessità per una donna di dedicarsi spazi di “libertà” e di evoluzione!
Hai assolutamente ragione.
Virgie era una donna scissa e lacerata, ma piena di amore e di delicatezza. Aveva un giardino segreto dentro al cuore.
An excellent and moving reminder of Virginia’s valediction. Thank you! I must also revisit Leonard Woolf – I recall William Plomer wrote an interesting assessment of him.