Romanticismo

Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo, Giovanni Berchet

Nel 1816, con la Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo Giovanni Berchet espone il manifesto del Romanticismo italiano. L’autore, Giovanni Berchet, è un traduttore e scrittore milanese considerato tra i maggiori esponenti del movimento.

«Figliuolo Carissimo, M’ha fatto meraviglia davvero che tu, Convittore di un Collegio, ti dessi a cercarmi con desiderio cosí vivo una traduzione italiana di due componimenti poetici del Bürger. Che posso io negare al figliuolo mio? Povero vecchio inesercitato, ho penato assai a tradurli; ma pur finalmente ne sono venuto a capo.»

Queste sono le prime parole di Grisostomo (“bocca d’oro” in greco), che scrive al proprio figliolo mentre si trova in Collegio e gli dà una serie di consigli letterari. Per farlo, gli suggerisce di leggere due ballate del poeta tedesco Gottfried August Bürger: Il cacciatore feroce ed Eleonora. Non a caso, i due componimenti, ispirati a leggende popolari, sono stati oggetto di traduzione proprio dello stesso Berchet.

Secondo Berchet, la poesia deve nascere dalla «fantasia» e dal «cuore»: non può essere un mero esercizio di retorica, ma commuovere chi legge.

La poesia romantica deve rivolgersi al popolo, un pubblico medio da cui sono esclusi i «Parigini» – gli intellettuali troppo raffinati – e gli «Ottentoti» – la plebe indifferente e ignorante.

«Basti a te per ora il sapere che tutte le presenti nazioni d’Europa (l’italiana anch’essa, né più né meno) sono formate da tre classi d’individui: l’una di Ottentoti; l’una di Parigini; e l’una, per ultimo, che comprende tutti gli altri individui leggenti ed ascoltanti, non eccettuati quelli che, avendo anche studiato ed esperimentato quant’altri, pur tuttavia ritengono attitudine alle emozioni. A questi tutti io do nome di popolo.»

L’autore identifica nel concetto di popolarità un pilastro della poesia romantica. Infatti, la missione del poeta romantico è commuovere ed educare la terza classe, cioè la borghesia media.

«La gente ch’egli cerca, i suoi veri lettori stanno a milioni nella terza classe. E questa, cred’io, deve il poeta moderno aver di mira, da questa deve farsi intendere, a questa deve studiar di piacere, s’egli bada al proprio interesse ed all’interesse vero dell’arte. Ed ecco come la sola vera poesia sia la popolare: salve le eccezioni sempre, come ho già detto; e salva sempre la discrezione ragionevole con cui questa regola vuole essere interpretata.»

Alla fine della lettera, Grisostomo finge di aver scherzato, ed esorta il figlio a seguire fedelmente le regole classicistiche, che espone sotto forma di parodia.

«Alcuni cervellini d’Italia, che non sanno né di latino né di greco, lingue per essi troppo ardue, vorrebbero menar superbia dell’avere imparate le lingue del Nord, che ognuno impara in due settimane, tanto sono facili. […] E questi cervellini battono poi le mani ad ogni frascheria che viene di lontano e corrono dietro a Shakespeare ed allo Schiller […]Ma viva Dio! quello Shakespeare è un matto senza freno; […] Quello Schiller poi, se ’l paragoni, non dico con altri, ma col solo Seneca, ti spira miseria.»

Per questa ironica ritrattazione finale la lettera è definita nel titolo «semiseria».

📌Per contestualizzare la Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo, Giovanni Berchet :

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