Feste e tradizioni

Epifania: la storia della Befana

La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte… ma quanti di noi conoscono per davvero la storia della Befana?

Quella della Befana è una tradizione italiana, finalmente!

Concorrente di Babbo Natale, la Befana è una strega divoratrice di bambini che viaggia comodamente su una scopa. Ma non solo, è anche rappresentazione dell’anno che sta per finire, dell’inverno da lasciarsi alle spalle.

Befana viene da Befanìa, corruzione di Epifania, cioè manifestazione di una divinità. Quindi che da invisibile diventa visibile!

La sua festa chiude il ciclo dei dodici giorni dopo Natale: la dodicesima notte, secondo la tradizione contadina, è quella dei miracoli, delle metamorfosi.

La Befana porta via con sé l’anno vecchio, infatti è un’anziana piuttosto malridotta e vestita di stracci. Lo straccio rappresenta ciò che è stato vissuto e consumato, che deve essere lasciato alle spalle.

La Befana viene cacciata con il fuoco: è tipico il rito beneaugurale di copar la vecia, cioè di cacciare la Befana. Copando la Vecia ci si libera di ogni male. Con il falò del 6 gennaio, secondo la leggenda, si favorisce la fertilità dei campi e la salute degli umani. Non solo, il fuoco rappresenta anche un commiato per i defunti, che si pensava ritornassero durante questi riti.

Il fuoco poi, ancora, è associato al camino: la Befana scende dal camino, proprio come Babbo, giusto? Ebbene, probabilmente questa credenza rimanda all’usanza della nonna-fuoco, la custode delle ceneri. Nelle tribù antiche, pensate, quando le spose si trasferivano dal loro sposo portavano con loro dei tizzoni dalla casa natale. Questi tizzoni rappresentavano, pensate un po’, lo spirito degli avi.

La Befana ha tantissimi nomi diversi: la chiamiamo Vecia, in Veneto, la Marangule, in FVG, l’Anguana, a Cortina, la Berola a Treviso…

La storia della Befana ci ricorda un po’ quella della Baba Jaga delle fiabe, avete presente? Una mostruosa vecchietta della mitologia slava. Anche lei, come Baba, ha il compito di mediare tra il mondo dei vivi e l’aldilà. Non solo, la stessa tradizione la troviamo in Germania con la Perchta, un’anziana con i capelli tutti scarmigliati.

A parte il suo aspetto spaventoso, la Befana è anche una generosa portatrice di doni ai buoni e di castighi ai bambini cattivi. Naturalmente carbone e regali sono dei simboli, non vi pare? Nell’antichità, il carbone era propizio, ma anche inquietante, infatti braci e ceneri natalizie erano identificate con le anime degli antenati.

Banalizzando il tutto, potremmo dire anche che i doni golosi rappresentano l’abbondanza, mentre il carbone è destinato a chi non si è impegnato abbastanza.

La storia della Befana ha subìto anche un tentativo di cristianizzazione. Secondo la tradizione cristiana, i Re Magi si erano fermati alla porta di una signora molto anziana e le avevano chiesto ospitalità. Ebbene, lei si era rifiutata, per poi però pentirsi: aveva preparato ai Re Magi un bel cesto di doni. Da allora gira il mondo a regalare i doni ai bambini, richiamando un po’ la tradizione di Santa Lucia e di San Nicola.

E dove li infila questi doni la nostra Befana? Nelle gerle o nei sacchi di iuta.

E la calza? La tradizione della calza probabilmente risale all’Impero Romano. Si racconta che Numa Pompilio, il secondo dei sette re di Roma, appendesse nella grotta di Egeria una calza, proprio durante le calende invernali.   Il giorno dopo, anche grazie a Strenia, la calza era piena zeppa di regali.

E voi? Ricevete ancora la vostra calza?

Buona Epifania!

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