In un momento così delicato, l’istituzione del Dantedì, una giornata per ricordare il Poeta, che coinvolga scuole, musei, biblioteche e tutti i luoghi di cultura, è un modo per ricordarci quanto la parola possa farci sentire vicini.
Perché scegliere proprio questo giorno per festeggiare il Dantedì?
Non è un caso: è proprio il 25 marzo del 1300, a trentacinque anni d’età, che Durante degli Alighieri, conosciuto dai più come Dante, si perde in quella selva oscura e intricata, talmente angosciosa da far paura più della stessa morte.
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Ad un tratto, Dante si ritrova ai piedi di un colle illuminato da qualche tiepido raggio di sole primaverile: decide di salirne la china, seppure con qualche incertezza. Ma nel suo arduo percorso si imbatte in tre fiere spaventose: la lonza, il leone e la lupa, che lo terrorizzano a tal punto da fargli perdere ogni speranza di salvezza.
L’improvviso incontro con Virgilio conforta il poeta, che sta per iniziare il viaggio più famoso di tutta la nostra letteratura (e non solo). Il poeta latino è il suo maestro e il suo modello: colui che gli ha insegnato il bello stile poetico che lo ha reso celebre.
«O de li altri poeti onore e lume,
vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore
che m’ha fatto cercar lo tuo volume.Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ha fatto onore.
Grazie a Virgilio (e poi a Stazio e a Beatrice), Dante incomincia un cammino eccezionale attraverso le grida dei dannati infernali, i penitenti del Purgatorio e le anime beate del Paradiso.
Il viaggio di Dante non salva solo il poeta, ma l’intera umanità, che è prigioniera del peccato e ha bisogno di conoscere il male che contamina il mondo. Soltanto in questo modo Dio potrà purificare l’uomo ed essere misericordioso, offrendogli la gloria del Paradiso.
Il percorso di Dante ci ricorda quello di Ulisse nell’Odissea: un viaggio di conoscenza oltre i limiti umani, per esplorare il mistero dell’Aldilà. Con le sue parole, Ulisse convince i vecchi compagni a seguirlo, per superare l’estremo limite occidentale del mondo, arrivando a varcare l’Equatore.
“‘O frati,’ dissi, ‘che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigiliad’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza’.”
Solo che, mentre l’impresa ulissiaca è destinata a naufragare, perché spinta dall’«ardore» di «divenir del mondo esperto», il viaggio di Dante è illuminato dalla Grazia poiché risponde ad una missione affidatagli da Dio stesso.
Dunque, il poeta ci ricorda che l’uomo ha dei limiti che non sempre può superare e che le imprese folli, se si sfidano le leggi universali, sono destinate irrimediabilmente al fallimento.
D’altra parte, per usare le parole di Dante, a volte il destino, quando noi uomini esageriamo, ci fa «del cul trombetta», letteralmente, ci tira un peto.
Buon Dantedì!